a Zagarolo un corso di formazione internazionale tra volontari e giovani provenienti da 8 diversi paesi d’Europa
“Words are stones” è il titolo del corso che si sta svolgendo in questi giorni coinvolgendo 24 tra operatori giovanili, educatori e volontari provenienti da Italia, Grecia, Ungheria, Spagna, Turchia, Romania, Slovacchia e Germania. Uno spaccato di un Europa giovane ed attiva che incontra il territorio prenestino con un incontro rivolto ad attivisti ed operatori culturali, Sabato 22 Febbraio alle 17 a Wiki Hostel – ostello di Zagarolo. Il progetto, coordinato dall’associazione Lunaria (lunaria.org) in collaborazione con No Border Onlus (noborderonlus.org) e realizzato grazie al co-finanziamento del Programma europeo Gioventù in Azione, vuole condividere una riflessione critica e stimolare nuovi strumenti circa il processo europeo ed il rapporto tra comunicazione e razzismo.
“E’ la prima volta che partecipo a un progetto internazionale. Attualmente in Europa, in particolare nel mio paese, la Grecia, sono sempre più frequenti e radicati i fenomeni di razzismo e discriminazione”, ci spiega Isabella – 22 anni, Grecia “un progetto come questo ci dà la possibilità di costruire uno spazio di confronto tra diverse realtà e trovare soluzioni comuni”. Stiamo assistendo infatti ad un’evoluzione
costante degli eventi
razzisti nella nostra società. Gli strumenti utilizzati per
diffondere messaggi di odio
ed intolleranza si sono
evoluti per cercare di raggiungere un pubblico
sempre più ampio. Gli stessi media, le nuove tecnologie ed
i mezzi di informazione possono in alcuni casi contribuire notevolmente alla diffusione
di tali messaggi e alla
strutturazione di un pensiero comune che
finisce per considerare i
migranti, le minoranze, le
persone di diverse religioni e diversi
orientamenti sessuali come i
diversi ed i potenzialmente
pericolosi. Anche se questi messi di
comunicazione possono essere
considerati come uno strumento per monitorare e denunciare
il fenomeno del razzismo,
rischiano allo stesso tempo
di essere utilizzati per
promuovere atteggiamenti ed
ideologie razziste. Il corso mette al centro il rapporto tra media e razzismo. I media sono un mezzo, possono essere usati per informare o disinformare. Questo corso di formazione intende mettere al centro una riflessione critica e sopratutto una azione consapevole nei confronti dei mezzi di informazione e quindi oggi internet, uno strumento potente ma con molteplici possibili utilizzi. Internet stesso può facilmente offrire un velo
protettivo per coprire
comportamenti razzisti,
lasciando in qualche modo la sensazione che esista
il razzismo come fenomeno in
sé, ma che non esistano
persone razziste e promotrici di tali
comportamenti. Questo
contribuisce alla creazione
di nuove vittime e nello stesso
momento limita la possibilità
di identificare gli autori. L’espressioni che diffondono,
incitano, promuovono o
giustificano l’odio razziale,
la xenofobia, l’anti-semitismo
o qualunque altra forma di
odio che si fonda sulla intolleranza espressa attraverso parole ed
azioni, la discriminazione
esercitata contro minoranze, migranti o persone di origine
straniera, si stanno
consistentemente
moltiplicando. Le incitazioni all’odio “
razziale” nei confronti di
immigrati, migranti o persone
di origine straniera, richiedenti asilo,
rifugiati e rom sono sempre
più presenti nel discorso
pubblico politico e mediatico. Il così detto “hate speech” cioè tutte
quelle espressioni che
diffondono, incitano,
promuovono o giustificano questi messaggi
di odio razziale sono sempre
più presenti sia on line che
off line. Spesso a causa di retaggi
tradizionali basati sull’
ignoranza e la mancata
conoscenza delle differenze culturali, la
discriminazione diventa un
comportamento quotidiano ed
alcuni gruppi più vulnerabili, un
facile capro espiatorio, su
cui scaricare tensioni
causate dai problemi relativi alla crisi economica
e dei valori. I giovani spendono una parte
sempre maggiore del loro
tempo su social networks ed
Internet: questo li rende tra i più
esposti al razzismo online
ed ai suoi messaggi e, poichè
non sempre hanno gli strumenti
sufficienti per decodificare
tali messaggi e denunciarli,
rischiano di diventare la categoria più
vulnerabile, coinvolgibile ed
attaccabile. Per ciò è fondamentale
lavorare nel campo educativo
dei più giovani che sono
vicini alle nuove tecnologie, dando loro
nuovi strumenti per
decodificare i messaggi e
promuovere approcci opposti
basati sul rispetto delle
differenze e sulla promozione
dello scambio interculturale. “In Spagna lavoro nel campo dell’inclusione sociale di persone disabili attraverso l’educazione non formale e il teatro” racconta Enrique – 37anni, Spagna “ho deciso di partecipare a questo progetto per arricchire le mie conoscenze e, una volta tornato, mettere in pratica le nuove metodologie che ho appreso per combattere il razzismo”. E così anche Bozse – 26 anni, Ungheria, attivo nel lavoro con i minori stranieri non accompagnati “in un contesto dove le situazioni di discriminazione e razzismo sono purtroppo frequenti. Ho scelto di partecipare a questo progetto sentendo la necessità di imparare qualcosa di più attraverso lo scambio e apprendere nuovi strumenti per attivarmi.” Nel processo di
sensibilizzazione, educatori,
operatori e “youth workers”
giocano un ruolo importante. Possono in concreto coinvolgere i giovani,
supportandoli nella creazione di progettualità campagne contro il razzismo e
nella loro promozione e
radicamento a livello locale e internazionale,
attraverso l’utilizzo consapevole degli strumenti delle nuove
tecnologie. Dal momento che sono
quotidianamente in contatto con i più giovani, sono le persone che possono realmente
far emergere il problema e
condividere nuovi strumenti per combatterlo. Una vera sfida che vede protagoniste le giovani generazioni di una Europa nel mezzo di un processo europeo ancora non compiuto su cui si sta abbattendo l’onda di una crisi di proporzioni continentali.
fonte : L’Indiscreto, 22 Febbraio 2014
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